Leggiamo di iniziative che sfruttano la tenerezza di cuccioli di cane abbinandoli a parole come “benessere” e “pet therapy” e a discipline orientali serie, promettendo benefici nel dare e ricevere coccole da creature di poche (ma proprio poche) settimane di vita.
Dando per scontato che la pet therapy è tutt’altra cosa, deve rispettare delle linee guida severe e precise e non andrebbe nominata a caso per qualsiasi iniziativa che riguarda gli animali e i sorrisi che suscitano…
Certe notizie che alimentano titoli giornalistici e attirano like a pioggia, dovrebbero piuttosto far riflettere e suscitare attenzione e dubbi.
Partiamo da una domanda: ma al benessere dell’animale chi pensa?
Chi si chiede come starà un animale esposto a stimoli nuovi, forti, stressanti, in un luogo che non conosce (e che dubitiamo in molti casi abbia le autorizzazioni sanitarie necessarie), non adatto alla sua permanenza, con persone sconosciute che lo manipolano indiscriminatamente?
Tutto ciò nella pet therapy non potrebbe mai accadere. Mai.
Le linee guida per gli interventi assistiti indicano proprio i cuccioli come inadatti, anche a sottolineare che il cane non nasce per gli IAA ma, con tutta una serie di caratteristiche e una lunga e attenta educazione, lo può diventare. Altrimenti, è sfruttamento.
Se è così piccolo di età, poi, lo stress è maggiore: manca una figura di riferimento, manca la mamma, ma manca anche l’umano con cui un cucciolo solitamente comincia un percorso di conoscenza e di accudimento.
Uno stress del genere (stress vero, forte) può portare a alterazioni nel comportamento che si possono manifestare anche in età adulta.
Lo ribadiamo e lo ribadiremo sempre: il cane fa bene, ma in determinate condizioni e in sicurezza.
Il cane fa bene, ma deve stare anche bene. Il suo benessere fisico e psicologico è importante quanto il nostro benessere.
Nessuna improvvisazione, nessuna approssimazione.
E usiamo le parole per il loro vero significato: la pet therapy è una cosa seria. Splendida, utile e seria.