di Francesca Mugnai
Tra i vari ambiti in cui è riconosciuto l’effetto benefico e co-terapeutico degli interventi assistiti con gli animali, c’è l’area dei disturbi psicopatologici e in particolare il trattamento dei disturbi alimentari. Un fenomeno in crescita tra giovani e giovanissimi, femmine e maschi, ma anche tra gli adulti. I numeri parlano di un incremento importante, con un picco post pandemico e un abbassamento dell’età della prima diagnosi. Gli animali ancora una volta diventano mediatori comunicativi che permettono di superare le barriere emotive.
Ci sono tanti aspetti nella relazione che si crea tra l’animale e l’umano in questo ambito, che si attivano nei luoghi di cura, ma anche – e ancora più – in ambienti aperti, nella natura, in un bosco, in un setting outdoor.
C’è l’aspetto cognitivo: il cane permette di focalizzare la propria attenzione sul qui e l’ora; il tempo per le persone con disturbi dell’alimentazione diventa spesso un pensiero ossessivo. La presenza dell’animale permette alla mente di non vagare, di concentrarsi, di godersi il momento, l’azione, il gesto, la carezza.
C’è l’aspetto motorio: spesso esiste un’ossessione al movimento perché permette di perdere calorie. L’iperattività è un tratto tipico di chi manifesta disturbi alimentari. Il cane chiede attenzione e chiede di fermarsi: fermarsi per accudirlo, fermarsi per spazzolarlo, avere un contatto fisico. Fermarsi apprezzando quel momento di stop per dedicarsi a qualcosa di altro rispetto a noi e al nostro pensiero routinario. Richiede autocontrollo.
C’è l’aspetto emotivo: l’animale reagisce alle nostre azioni, al tono della voce, a scatti improvvisi, a reazioni esagerate. La sua presenza ci consente un’autoregolazione. Non solo: è dimostrato chimicamente e fisicamente che il contatto col cane porta a un rallentamento del battito cardiaco, a una diminuzione dell’ansia, influenza positivamente l’aspetto di stress e depressivo, del pensare, del rimuginare
C’è l’aspetto motivazionale: prendersi cura dell’altro, anche un animale, permette di crescere l’autostima, di sentirsi importanti, forti, unici. Siamo tutto per qualcuno, anche se questo qualcuno ha 4 zampe. Si fida di noi, ci cerca, vive delle nostre attenzioni. Vive perché ci siamo.
C’è l’aspetto psicoeducazionale: spesso quando entriamo nei reparti di neuropsichiatria, i ragazzi ci raccontano che hanno in casa ad attenderli un animale. Il pensiero già fa sorridere. Nell’esperienza non facile dello stare in un luogo di cura, attraverso il contatto con un cane di IAA possono imparare a fare delle cose, dei giochi, delle azioni/reazioni con l’obiettivo di riproporle a casa col loro animale. L’esperienza diventa educativa e stimola a tornare presto dalla loro famiglia.
C’è l’aspetto familiare: quando nella stanza di degenza entrano l’operatore umano e il cane, i genitori sono sempre presenti. Anche negli interventi in natura, la relazione con l’animale coinvolge tutti e gli aspetti di cui abbiamo parlato finora e ha effetti benefici sui genitori che soffrono di una sofferenza riflessa e spesso anche più dolorosa e a lungo termine. I vantaggi della presenza del cane dunque diventano sistemici, trasversali e coinvolgono tutti.
Il supporto di un animale e di un intervento di pet therapy dunque ha tanti aspetti positivi nelle persone con disturbi alimentari. Perché prendersi cura di un animale, significa avere dei ritmi diversi, desiderare di vedere altri e farlo giocare e divertire con altri animali, crea una routine di quotidianità che con appuntamenti fissi ci obbliga a distrarci da pensieri ossessivi e negativi. Ci invita a ritagliarci degli spazi per lui. E di conseguenza anche per noi. Nell’accudire lui, accudire noi stessi.