di Francesca Mugnai

Con sempre maggiore frequenza chi fruisce degli interventi assistiti con gli animali in ambito di cura, in particolare in età pediatrica, manifesta la volontà di adottare un cane. “Ho visto i benefici su mia figlia: ne adotteremo uno” ci dicono genitori pieni di rinnovata speranza.
Siamo grati di riuscire, attraverso il lavoro nostro e dei nostri animali, ad aprire uno spiraglio di luce in vite che hanno incontrato il buio di problemi e malattie, di poter donare dei momenti così positivi da far pensare di poterlo replicare ogni giorno nel proprio ambiente domestico: se il cane ha “fatto bene” in ospedale o in una struttura, un altro cane, magari di una razza particolare o formato, farà altrettanto in casa, si pensa.

Ne siamo tanto lieti, quanto ci dispiace dover essere corretti fino in fondo e ridimensionare questo entusiasmo. Perché non è la stessa cosa.
Il cane non è la panacea di tutti i mali, non è adatto a tutti, non è una terapia, non è solo un concentrato di benefici.

Per tanti motivi.
Innanzitutto perché gli animali degli interventi assistiti sono cani speciali, scelti, formati, che vivono in ambienti particolari al fianco di un operatore umano. Il lavoro è realizzato da un’equipe nella quale il binomio operatore-animale è imprescindibile e indivisibile. Ogni intervento poi è personalizzato, progettato e poi cambiato in corso d’opera in base all’evoluzione del rapporto che si instaura col paziente. E’ insomma un intervento professionale di alto livello e ad alta specializzazione.
A casa con un animale non è la stessa cosa.

Un cucciolo in casa, lo ribadiamo, fa bene per tanti, tantissimi motivi, soprattutto per i bambini che imparano a crescere con un essere “altro” e a tenere di conto delle sue esigenze particolari, ad avere un pensiero empatico, con benefici a livello umano, sociale, educativo. Tanti studi lo dimostrano.

Ma avere un cane in casa comporta anche tante responsabilità. È un altro membro della famiglia, con le sue esigenze e necessità. Non è un essere umano e deve essere rispettato proprio nel suo essere animale.
Un cane è fonte di coccole, ma ha bisogno di uscire, di correre, di giocare. Può causare danni, può ammalarsi, può essere fonte di problemi col vicinato, solo per fare qualche esempio.
Di fronte a alcune patologie degli umani, poi, può non reagire al meglio: scatti nervosi improvvisi, toni di voce troppo alti, pianti, lagne possono causargli stress e reazioni incontrollate. Non tutte le persone poi sanno sopportare un cane, nonostante la simpatia suscitata quando entrano in contatto con l’animale per più o meno brevi e mediati incontri.
Ci sono ambienti poi non adatti all’accoglienza di un animale: appartamenti piccoli e pieni di mobili e suppellettili, senza un giardino o con un terrazzo inesistente o piccolo, nel cuore di strade trafficate dove non c’è la possibilità di fargli fare una giratina in uno spazio verde. Anche il luogo dove viviamo deve essere adatto a lui. E non lui che si deve adattare a noi.

Non dimentichiamo poi che un cane non è una medicina, una pasticca da prendere “e poi sto bene”: è un membro della famiglia a tutti gli effetti per un numero imprecisato di anni. Va curato anche magari in periodi di assenza, per ferie o per necessità per esempio ospedaliere.
Dobbiamo sempre tener di conto che una volta accolto, un cane è per sempre.
Capiamo dunque l’istinto del voler prendere un cane con sé. Ma l’istinto deve sempre essere combinato con la ragione e la ponderatezza. Ricordando, ancora una volta, che la pet therapy è un’altra cosa.

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