di Francesca Mugnai

Dicembre 2002. Da pochi mesi avevamo cominciato la nostra incredibile avventura di collaborazione con l’”ospedalino” Meyer, nella sua allora sede storica di via Luca Giordano. Dai primi passi nel giardino della struttura sanitaria, osservati da dietro i vetri dai tanti bambini, i nostri Quelo e Kato erano già entrati nei corridoi, in alcuni reparti e in alcune stanze. Erano diventati una bella, periodica presenza all’interno dell’ospedale dei bambini di Firenze.
E quando è arrivato il periodo più amato dai piccoli (e non solo) del Natale, hanno portato una sferzata di felicità aggiuntiva.

Perché trascorrere il Natale in una struttura sanitaria, per quanto bella e umanamente accogliente come il Meyer, non è facile, soprattutto per i bambini. Viverlo lontano da casa, dai regali da spacchettare sotto l’albero tra i propri cari, dalla quotidianità, è difficile per tutti. Tanto più per i bambini. E anche (forse anche di più) per i loro genitori e affetti.

Con medici e infermieri e con la dirigenza del Meyer, abbiamo organizzato un Natale a quattro zampe. L’ingresso di Quelo e Kato come dei pelosi aiutanti di Babbo Natale ha portato un’iniezione di fiducia in quel momento speciale. In quel primo Natale ospedaliero, la novità portata dai cani ha donato un sorriso entusiastico e inatteso a quei bambini. Nelle stanze della degenza c’erano pazienti speciali, con patologie molto gravi che non permettevano loro di allontanarsi neanche per qualche ora e di rientrare a casa in quella occasione preziosa. Ricordo che in quel particolare anno c’erano anche tanti bimbi stranieri, bloccati dalla malattia, ma anche dalle differenze culturali e linguistiche che in un ospedale pesano ancora di più psicologicamente.

I cani hanno cancellato dolori e barriere: con la loro spontaneità, hanno portato una ventata di energia, donato sorrisi, suscitato tenerezza e allegria grazie alle loro code scodinzolanti, creato una comunicazione non verbale diretta e immediata. Un effetto benefico per i bambini e per i loro genitori, ma anche per tutti gli operatori sanitari che hanno trascorso il Natale (come gli altri giorni dell’anno) a dedicarsi alla cura degli altri.

I cani di Antropozoa hanno permesso a tutti di dimenticare per qualche momento problemi e ansie, hanno abbattuto idealmente le pareti delle stanze per aprirsi a un mondo di sorrisi e colori. E hanno dato ai pazienti, ai familiari, a medici e infermieri e anche a noi operatori della pet therapy di ricordare che a Natale tutto è possibile.
Da quel 2002, di Natali al Meyer, nella vecchia e nella nuova sede, ce ne sono stati tanti e tutti a loro modo speciali e indimenticabili. Ma quel “primo Natale” è fortemente impresso nelle nostra memoria. E tuttora ogni tanto alcuni di quei bambini, oggi diventati grandi, o i loro genitori ci scrivono per ricordare con noi quel momento così speciale per tutti.

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