di Francesca Mugnai
Da alcuni giorni è ripartito, dopo qualche mese di pausa, un importante progetto che da anni come Antropozoa stiamo portando avanti con la casa circondariale di Massa, in Toscana e lo abbiamo fatto in molte altre carceri in questi anni, sia in progetti di giustizia riparativa, che in strutture con detenuti con reati importanti e a lunga pena: grazie al “Modello Antropozoa”, costruito in 25 anni di lavoro in ambito sociosanitario, entriamo con gli animali dentro il carcere, raggiungiamo i detenuti e trascorriamo con loro del tempo sano, di dialogo e incontro mediato e aiutato dalla presenza dell’animale.
Kia, Cecco, Sofi, Nina, Bruno, Nana, Orso e Frida, nell’imprescindibile coppia con il loro operatore umano (nello specifico la sottoscritta e Barbara) permette di creare percorsi personalizzati per le persone che si trovano in questa struttura per un periodo più o meno lungo. Non è solo un momento di distrazione o svago, ma un vero e proprio percorso che può apportare numerosi benefici, soprattutto in contesti particolari come appunto le strutture carcerarie.
Gli effetti della pet therapy sui carcerati
Il carcere è un ambiente caratterizzato da forte isolamento, stress e alienazione. La vita quotidiana in prigione è segnata dalla rigidità delle regole, dalla mancanza di libertà e, spesso, dal deteriorarsi delle relazioni sociali, nonché un senso di colpa averso l’esterno e la propria famiglia. Le situazioni umane sono tutte molto diverse l’una dall’altra. Le emozioni pure. Come vengono affrontate anche. C’è rabbia. C’è depressione. C’è senso di colpa. C’è rancore. C’è delusione. C’è voglia di vendetta. C’è voglia di riscatto. C’è voglia di rinascita. C’è nostalgia, solitudine, noia, voglia di rimettersi in gioco.
Tutti fattori che possono portare a condizioni psicologiche difficili come ansia, depressione, disturbi del comportamento, aggressività e frustrazione, ma anche disturbi del sonno, smania. In alcuni casi anche sentimenti positivi e voglia di ripartire in maniera diversa e più costruttiva e riprendersi il tempo perduto.
Gli IAA (interventi assistiti con gli animali) possono essere una risposta efficace per affrontare queste problematiche. I cani, infatti, sono in grado di creare un legame emotivo profondo con l’individuo, senza giudicare, senza pregiudizi e, soprattutto, senza l’influenza delle dinamiche di potere che spesso caratterizzano le relazioni interpersonali in carcere. Difficile che nessuno abbia una storia da raccontare con l’animale.
Riduzione dello stress e dell’ansia
I detenuti coinvolti in programmi di pet therapy riferiscono di sperimentare una significativa riduzione dello stress e dell’ansia. La semplice presenza di un cane, il suo contatto fisico, le sue attenzioni, riescono a stimolare la produzione di ossitocina, un ormone che favorisce la sensazione di benessere e rilassamento. Il pensiero del proprio animale domestico o il ricordo di una relazione con l’animale passata, magari da bambini o ragazzi, stimola pensieri positivi e voglia di riprovare quella sensazione, una volta scontata la pena. E anche nel rapporto con la polizia penitenziaria diminuisce la conflittualità.
Miglioramento dell’umore e della gestione delle emozioni
L’interazione con gli animali aiuta a migliorare l’umore, favorendo la produzione di endorfine e serotonina, neurotrasmettitori legati alla felicità e al piacere. Inoltre i detenuti imparano a riconoscere e a gestire meglio le proprie emozioni, un aspetto fondamentale per il loro percorso di riabilitazione. Molti carcerati, infatti, trovano nel cane un “ascoltatore” silenzioso che li aiuta a elaborare situazioni complesse e conflittuali.
Sviluppo di empatia e responsabilità
Prendersi cura di un animale implica responsabilità, empatia e attenzione alle necessità dell’altro. Questi sono aspetti che spesso mancano in un ambiente carcerario, dove la vita quotidiana è vissuta in maniera più individualista e, talvolta, aggressiva. L’intervento assistito con il cane insegna al detenuto l’importanza di occuparsi di un altro essere vivente, sviluppando capacità di cura e rispetto che possono essere fondamentali nel processo di reintegrazione sociale.
Rafforzamento delle capacità relazionali
L’interazione con il cane offre ai detenuti un’opportunità unica di apprendere e migliorare le proprie abilità sociali. I cani infatti sono ottimi “mediatori” nella comunicazione, poiché sono in grado di stimolare relazioni di fiducia e cooperazione anche in contesti difficili. Inoltre l’esperienza di lavorare insieme a un operatore e a un cane formato contribuisce a migliorare la collaborazione e la gestione di dinamiche di gruppo, aumenta l’autostima e il senso di responsabilità.
Un passo verso la reintegrazione sociale
L’introduzione della pet therapy in carcere non è solo un supporto psicologico, ma un vero e proprio strumento di inclusione sociale. L’esperienza di interazione con il cane stimola nei detenuti un senso di responsabilità e un desiderio di cambiamento, contribuendo al loro processo di riabilitazione. Più che una semplice distrazione dal quotidiano carcerario, diventa un’occasione di crescita personale, che favorisce il recupero dell’autocontrollo, della serenità e delle capacità relazionali. E anche un’occasione di riconoscimento di parti di sé.
In un mondo sempre più frenetico e alienato, dove le relazioni umane sono spesso fragili e difficili, la pet therapy si rivela un intervento di grande valore, in grado di restituire al detenuto non solo la possibilità di una nuova relazione affettiva, ma anche strumenti concreti per una riabilitazione emotiva e comportamentale. L’esperienza al carcere di Massa dimostra che i benefici dell’interazione con gli animali possono fare la differenza, offrendo una seconda opportunità a chi rischia di perdere la speranza.